3 angoli ciechi emotivi sconosciuti ai più e come illuminarli

Hai presente quando ti immetti in una corsia o esci da un parcheggio con la tua auto e guardi gli specchietti per vedere se sta arrivando qualcuno?

Bene, farlo è vitale ma, purtroppo, ci sono aree dove non puoi vedere cosa sta succedendo.

È una questione fisica, succede sia per come è fatta l’auto, sia per come è fatto l’occhio umano: ci sono dei punti a cui è impossibile accedere visivamente e, proprio per questo, si chiamano angoli ciechi.

Sono aree che non vedi, ma che sono potenzialmente pericolose per te e anche per gli altri.

Il punto è che anche le persone hanno degli angoli ciechi quando si tratta delle proprie emozioni

In questo caso, un angolo cieco emotivo è una vulnerabilità psicologica di cui NON siamo consapevoli e che ci porta a provare emozioni difficili.

Purtroppo, a nessuno di noi è stato fornito un libretto di istruzioni sulle emozioni che proviamo, bisogna arrangiarsi a riconoscerle e a gestirle.

Ecco che, possiamo imbatterci in angoli ciechi emotivi che, al pari dell’auto, possono creare problemi e disagi, conflitti interpersonali e anche generare abitudini malsane.

Come sempre, possiamo però scoprire e imparare quali sono i nostri lati più vulnerabili, per iniziare a rinforzarli e, perché no, farli diventare dei punti di forza.

Ecco allora 3 degli angoli ciechi emotivi più comuni.

 

L’angolo cieco dell’intellettualizzare le emozioni

Se provi a chiedere a un bambino come si sente dopo che un amico l’ha trattato male, ti dirà triste, oppure arrabbiato.

Se chiedi la stessa cosa a un adulto, può descriverti le sue emozioni in modo molto diverso, magari usando le parole ‘turbato’ o ‘depresso’.

Come mai?

Il bambino spiega come si sente con emozioni reali, mentre l’adulto può usare idee (turbamento) oppure categorie (la depressione è un insieme di sintomi per un disturbo mentale).

Perché, allora, da adulti abbandoniamo la semplicità a favore di un linguaggio magari più sofisticato, però più vago e meno autentico?

Perché fa meno male.

Dire che siamo tristi o arrabbiati fa più male del dire che siamo turbati, però questo modello può avere degli effetti collaterali a lungo termine, perché sminuisce la consapevolezza dell’emozione che stiamo provando.

E questo, a sua volta, porta a mascherare le vere emozioni che proviamo, impedendoci sia di farle emergere chiaramente, che di poterle condividere in modo autentico con gli altri.

La buona notizia è che l’angolo cieco dell’intellettualizzazione delle emozioni è tra i più superabili, perché la prossima volta che provi un’emozione difficile puoi cercare di darle il nome più semplice e diretto che ti viene in mente.

Pensa a come avrebbe risposto il tuo io bambino e usa proprio quei termini per descrivere come ti senti con le persone e le situazioni difficili.

 

Affrontare l’Illusione di Controllare le Emozioni

Alcune volte le persone mi chiedono come si fa a controllare le proprie emozioni.

Ecco, in questo caso il verbo ‘controllare’ è fuorviante, se non addirittura sbagliato: nessuno può controllare le proprie emozioni.

Possiamo sentirci più fiduciosi a comando? Possiamo alzare la leva della calma ogni volta che ci arrabbiamo?

La risposta è nota e, nel cercare di controllare le nostre emozioni rischiamo di fare più danni che altro.

Magari ci concentriamo su quella rabbia per cercare di sbarazzarcene…con il risultato di sentirci inermi o di arrabbiarci ancor di più!

Il problema è che nel momento in cui insegniamo al nostro cervello di sbarazzarci di certe emozioni, lui le intende automaticamente come nemiche e questo porta a creare un circolo vizioso di stati d’animo dolorosi sempre più complessi.

Ad esempio, puoi sentirti stanco di sentirti triste, o triste perché ti stai vergognando di qualcosa o vergognarti per la rabbia che provi…

Come uscirne?

Smettendo di cercare di controllare le emozioni e accettandole per quelle che sono, stati dolorosi ma non pericolosi o addirittura ‘cattivi’.

Possiamo parlare di convivenza con le emozioni difficili?

Sì, perché annientando la carica esplosiva del circolo vizioso, puoi incanalare l’energia e scegliere in modo più consapevole come reagire.

Ricorda: quando sposti l’attenzione da qualcosa su cui NON hai controllo a qualcosa su cui il controllo ce l’hai eccome, cambia tutto!

Se ad esempio sposti l’attenzione dal voler controllare il dolore allo scegliere consapevolmente:

  • Come comportarti
  • Come agire
  • Che persone scegliere di frequentare
  • Che situazioni scegliere di vivere
  • Che abitudini tenere e mantenere

…l’emozione difficile passa in secondo piano ed entra in gioco l’azione.

Anche in questo caso il linguaggio gioca un ruolo primario: se passi da un’idea di dover controllare le tue emozioni a un’altra più libera e leggera, dove ti dai il permesso di accettarle e di agire in modo alternativi per gestirle, beh, questo switch cambia decisamente il risultato finale.

 

Giudicare le tue emozioni

Ho letto una volta che il modo più rapido per finire nello studio di un psicoterapueta è giudicare le proprie emozioni.

Esagerato, certo, ma c’è un piccolo fondo di verità in questo.

Ci arrabbiamo e ci diciamo che non va bene arrabbiarci e poi ci sentiamo in colpa, o delusi frustrati o tristi…

Ci sentiamo tristi e ci auto incolpiamo di debolezza, magari di scarsa vitalità o capacità di reagire…

Questo è un pericoloso angolo cieco emotivo: giudicarci ansiosi perché lo siamo non ci rende meno ansiosi.

Non funziona, perché ci fa sentire ancor più ansiosi di essere ansiosi!

Questi sono alcuni angoli ciechi emotivi e ce n’è un altro di cui è bene parlare: perché è molto comune: la tendenza a fuggire dalle emozioni.

Se hai mai toccato accidentalmente una padella calda sul fornello, sai che il tuo corpo, istintivamente, tira indietro le mani per sfuggire al dolore.

Quando togli la mano dalla padella calda, sembra che tu stia evitando il dolore di bruciarti le dita. Ma quello che stai veramente evitando è il danno ai tessuti che deriverebbe dal lasciare le dita su qualcosa di incandescente.

 

Accettare il Messaggio: Superare la Fuga Emotiva

Il dolore è solo il messaggero.

Il dolore in sé non è pericoloso, è solo un’informazione che sembra farci sentire male. Il che ci porta a quella che potrebbe essere la distinzione più importante…

Solo perché qualcosa sembra brutta, non significa che sia brutta.

Questo è vero per il dolore emotivo tanto quanto lo è per il dolore fisico.

Ad esempio: stai guidando lungo la strada in macchina e si accende la spia della riserva del carburante. Immediatamente, senti una piccola scossa di ansia.

L’ansia, come tutte le emozioni difficili, fa provare dolore, ma in realtà non è un pericolo. È un’informazione.

L’ansia che provi quando la spia della riserva del carburante si accende è il modo in cui il tuo cervello ti sta dicendo: “Meglio fare benzina presto. Non voglio finire bloccato sul ciglio della strada.”

Allora ti chiedo: avrebbe senso mettere un pezzo di nastro adesivo sulla spia del carburante per evitarti di provare ansia?

Ovviamente no! Sarebbe il miglior modo per restare bloccato lungo una strada!

Lo stesso succede con la fuga dalla emozioni.

Quando sfuggiamo al dolore emotivo, non ci rimane più tempo per affrontare il vero problema che sta dietro ad esso.

Come superare questo angolo cieco?

Ancora una volta, ricordandoci che le nostre emozioni non sono pericolose o cattive, sono semplicemente delle messaggere.

Sta a noi accogliere il messaggio e poi, di conseguenza, fare le scelte e le azioni più favorevoli per cambiare la situazione che ha generato quelle stesse emozioni.

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