Quando smetti di difenderti, la vita inizia davvero

Una delle aree più importanti in cui siamo chiamati a cambiare è il modo in cui affrontiamo i nostri problemi personali.

Siamo abituati a pensare che la soluzione consista nel proteggerci, nel chiuderci, nel controllare le emozioni per non soffrire.

Ma ogni volta che ci difendiamo, che ci ritraiamo davanti alle difficoltà, creiamo una corazza che ci separa dalla vita.

Difendersi può sembrare la via più sicura: non esporsi, non mostrare debolezza, non rischiare di sbagliare.

Eppure, più cerchiamo di proteggerci, più restringiamo il campo della nostra esistenza. È come vivere dietro un vetro: vediamo tutto, ma non tocchiamo davvero nulla.

Smettere di difendersi non significa accettare tutto passivamente. Significa lasciare che la vita ci attraversi, con i suoi alti e bassi, sapendo che ogni emozione, anche la più dolorosa, porta con sé un messaggio prezioso.

Primo piano occhi di donna con sciarpa bianca

 

Quando la difesa diventa prigione

Accade, ad esempio, nel lavoro: quando qualcosa va storto, invece di chiedere aiuto o chiarire, ci chiudiamo nel silenzio o fingiamo che vada tutto bene.

Temiamo il giudizio, e così perdiamo occasioni di crescita, collaborazione, fiducia reciproca.

Oppure nelle relazioni: dopo una delusione, alziamo muri invisibili. Evitiamo di mostrare fragilità, diventiamo freddi o distanti.

Ma in questo modo non ci proteggiamo davvero, ci isoliamo proprio da quel contatto che potrebbe guarirci.

Anche nei confronti di noi stessi spesso diventiamo inflessibili. Dopo un fallimento personale, iniziamo a controllare ogni dettaglio per “non sbagliare più”, invece di ascoltare cosa quella caduta voleva insegnarci.

Così blocchiamo il flusso vitale che ci renderebbe più autentici e resilienti.

La verità è che la paura di cambiare è ciò che alimenta le nostre difese.ì

Preferiamo rimanere nel conosciuto, anche se ci fa male, piuttosto che attraversare l’incertezza dell’ignoto.

Ma come scrive Lucia in Tutta un’Altra Vita, “molte persone si sono talmente abituate al proprio carattere da essere convinte di non poterlo modificare. La maggior parte cambia solo quando non ha altra scelta.”

Eppure, proprio oltre la soglia della paura si apre lo spazio più autentico della vita.

Ragazza in spiaggia con sguardo di sfida a simbolo della corazza che alziamo per la paura di cambiare

 

Paura di cambiare: le emozioni nascoste sotto la corazza

Molto spesso, dietro la rabbia o la chiusura, si nascondono emozioni più profonde e difficili da esprimere: vergogna, dolore, paura.

Sono emozioni che la maggior parte di noi fatica a sentire fino in fondo, perché fanno paura.

Così le trasformiamo in rabbia o in silenzio. È più facile arrabbiarsi che mostrarsi feriti.

La nostra cultura ci insegna che la rabbia è accettabile, mentre la vulnerabilità è debolezza.

Ma ogni volta che scegliamo la rabbia o l’indifferenza per non sentire il dolore, ci allontaniamo da noi stessi.

Ci stacchiamo dal nostro sentire più profondo, dal cuore.

La prossima volta che ti senti chiudere o reagisci con irritazione, prova a chiederti: “Cosa si nasconde sotto questa emozione?”

Spesso, lì sotto, troverai proprio il cuore di ciò che chiede di essere visto e guarito.

Quando osiamo restare aperti, anche solo un po’, il dolore si trasforma in consapevolezza. E allora la paura del cambiamento si dissolve naturalmente, come neve al sole.

 

Perché temiamo il cambiamento?

Leggendo queste parole, potresti accorgerti di quante credenze limitanti e disfunzionali abbiamo fatto nostre.

Molte persone si sono talmente abituate al proprio carattere da essere convinte di non poterlo modificare.

E, il risultato, è che la maggior parte di noi cambia solo quando non ha altra scelta.

Eppure, come sostiene il filosofo Ken Wilber, se il nostro potenziale fosse formato da 100 unità di energia vitale, tempo e pensieri, e noi ne utilizzassimo 40 per soddisfare finti bisogni di vecchie parti della nostra personalità, ci resterebbero solo 60 unità per la crescita e l’evoluzione.

È questo ciò che vogliamo davvero?

Perché allora temiamo così tanto il cambiamento?

Forse perché il primo grande cambiamento della nostra vita è stato anche il più traumatico: la nascita.

Per nove mesi viviamo nella pancia di nostra madre, con un servizio in camera ventiquattr’ore su ventiquattro.

Siamo nutriti, protetti, cullati. Poi, improvvisamente, arriva il momento di uscire. Ci troviamo spinti in un canale stretto, le luci ci feriscono gli occhi, l’aria brucia nei polmoni.

Il mondo ci appare freddo, incerto, ostile.

Non c’è da stupirsi se, da adulti, associamo il cambiamento al dolore, alla separazione, alla perdita di sicurezza.

Per questo preferiamo restare aggrappati a situazioni conosciute anche se disfunzionali — un vecchio lavoro, una relazione logora, un’abitudine che ci limita.

Lanciarsi verso il nuovo significherebbe recidere il cordone ombelicale e affrontare di nuovo quel bruciore, quella paura.

Eppure, se potessimo cambiare la nostra prospettiva, tutto diventerebbe diverso.

Immagina di pensare:

  • “Il cambiamento è facile e divertente.”
  • “Nel cambiamento sono completamente al sicuro.”
  • “Ogni volta che cambio, cresco e mi miglioro.”

Queste nuove credenze aprirebbero spazio, fiducia e leggerezza.

Ci permetterebbero di abbracciare la vita con curiosità, invece di resisterle per paura.

Sfera di vetro appoggiata sulla sabbia

 

Dove vogliamo andare?

Dopo aver riconosciuto dove siamo e cosa ci frena, il passo successivo è chiederci con sincerità: “Dove voglio andare?”

Spesso, di fronte a questa domanda, restiamo in silenzio. Non perché non abbiamo desideri, ma perché non siamo abituati a dar loro una forma chiara.

Sappiamo cosa NON vogliamo — non voglio soffrire, non voglio ammalarmi, non voglio restare solo — ma raramente sappiamo cosa desideriamo davvero.

E così la vita finisce per decidere al posto nostro.

Come scrive Lucia, “avere una meta offre una direzione alla mente, una rotta su cui focalizzare la nostra attenzione”.

Quando ci allineiamo a un obiettivo autentico, esso agisce come una calamita: attira pensieri, risorse, opportunità in sintonia con la nostra intenzione più profonda.

Ma se restiamo fermi nel tentativo di difenderci o di non cambiare, non possiamo metterci in cammino.

È come trovarsi in un ristorante e, invece di ordinare ciò che desideriamo, dire al cameriere solo ciò che non vogliamo mangiare.

Quante possibilità ci sono che il piatto che arriverà sia di nostro gradimento?

Stabilire una direzione chiara è il primo passo per uscire dalla paura del cambiamento.

Perché quando sappiamo dove vogliamo andare, anche il deserto diventa strada.

Saracinesca con scritta open in rosa

 

Aprirsi alla vita, davvero

I problemi non spariscono quando li ignoriamo.

Restano lì, silenziosi, finché non troviamo il coraggio di guardarli come messaggeri, come opportunità che la vita ci offre per conoscerci più a fondo.

Ogni volta che ci chiudiamo di fronte a una sfida, rinunciamo a un pezzo della nostra crescita.

È come un fiume che teme la corrente e finisce per stagnare.

La vera trasformazione comincia quando smettiamo di lottare contro ciò che accade e iniziamo ad abbracciare i nostri problemi come agenti del cambiamento.

Non è rassegnazione, ma apertura: la capacità di dire “va bene così, anche questo fa parte del mio cammino.”

Quando riconosciamo che ogni difficoltà porta con sé un insegnamento, qualcosa dentro di noi si allenta.

Il cuore si apre. L’energia riprende a fluire, e ciò che prima sembrava un ostacolo diventa un ponte verso una versione più autentica di noi.

Questo è il cuore del metodo Tutta un’Altra Vita: trasformare la paura in consapevolezza, il dolore in forza interiore, il cambiamento in occasione di rinascita.

Perché non possiamo sempre controllare ciò che accade fuori di noi, ma possiamo sempre scegliere come rispondere

E quando scegliamo di rispondere con apertura, fiducia e presenza, allora sì, la vita inizia davvero.

Qui trovi le info per partecipare al weekend Tutta un’Altra Vita, il percorso che da oltre 30 anni accompagna le persone ad attivare il cambiamento e raggiungere la realizzazione e la felicità che desiderano.