Cosa vuol dire trovare la pace interiore? Spesso nei percorsi di evoluzione personale diamo per scontato questo concetto e lo evochiamo di frequente perché è uno stato a cui tutti ambiamo.
Però, talvolta, tralasciamo di fare chiarezza sul suo significato, quando invece è fondamentale chiarire l’obiettivo per poterlo raggiungere prima e meglio.
La pace interiore è uno stato di serenità, dove non percepiamo stress, ansia, turbolenze emotive o mentali. È l’unione delle parole ‘pace’, quindi assenza di conflitto e ‘interiore’, che riguarda la nostra sfera interna.
È, quindi, l’assenza di conflitti nel nostro mondo interiore.
Nella storia dell’evoluzione personale sono stati elaborati tanti modi per raggiungere questo stato. Lo stesso yoga, la meditazione e la preghiera sono pratiche che hanno l’obiettivo di aiutarci a raggiungere la pace interiore, attraverso le posizioni del corpo, la recitazione dei mantra, la visualizzazione di stati ed eventi…
Ma c’è un ma.
Essendo la pace interiore uno stato che trascende il corpo e coinvolge ogni sfera del nostro essere, essa può essere trovata solo a livello profondo e qui entra in gioco un aspetto ben raccontato da una storia zen.
La pace interiore e l’anello perduto
Un giorno un uomo perse il suo anello più prezioso. Era il suo tesoro, l’oggetto da cui non si sarebbe mai separato. Lo cercò per tutto il giorno in ogni luogo, ma nonostante gli sforzi, non ci riuscì.
La sera si sedette su una pietra a riposare, era disperato ma cercava di sopprimere la sua tristezza.
Come ogni sera il suo cane gli andò incontro leccandogli la mano e facendogli le feste. Il vicino lo salutò con gioia come ogni sera e gli amici andarono a trovarlo per regalargli un po’ di frutta che avevano raccolto durante la giornata.
Quando entrò in casa la moglie lo abbracciò e lo baciò come ogni sera e i figli gli si arrampicarono sulle gambe per festeggiare il suo ritorno.
L’uomo però era ancora perseguitato dal tormento per avere perso il suo anello, allora si sedette e pensò: “Stasera nessuno si è accorto che ho perso l’anello e tutti si sono comportati con me nello stesso modo. Perchè devo essere io quello che si comporta in modo diverso?”
E così si addormentò sereno.
Ecco, il senso di questa storia è che trovare la pace interiore è un compito che possiamo svolgere solo noi stessi. È una volontà che possiamo attivare solo dal nostro mondo interiore.
Farlo a comando può essere complicato, però possiamo contare sulla saggezza di chi ha illuminato il mondo con la sua presenza come il Buddha, che ci ha lasciato tanti preziosi consigli per trovare la serenità e l’equilibrio interiore,
Ecco allora 3 insegnamenti del Buddha che aiutano a ritrovare e ristabilire e mantenere la pace interiore.
1. Evitare la ricerca della perfezione
Uno dei temi principali negli insegnamenti del Buddha è l’accettazione di ciò che è reale e la scelta di comprendere che la vita è piena di incertezza, cambiamento e imperfezione.
Buddha parlava spesso del concetto di ‘Dukkha’, che generalmente viene tradotto come ‘sofferenza’. Ma non si tratta solo di dolore fisico o emotivo. È anche la sottile insoddisfazione che deriva dal fatto che la vita non è come vorremmo che fosse.
La chiave per trovare la pace interiore, secondo Buddha, non è quindi cercare di rendere la vita perfetta, tutt’altro: è accettare che la vita è così com’è, con tutti i suoi alti e bassi, e trovare pace in quell’accettazione.
Questo non significa vivere gli eventi in modo passivo o essere inermi contro le sfide della vita, bensì accettare ciò che sta succedendo senza resistenze, per poi attivare le scelte giuste per cambiare e migliorare.
Ecco che, se provi frustrazione o turbamento perché le cose non stanno andando come vorresti nella vita e vuoi trovare pace interiore, ricorda questo insegnamento del Buddha.
Invece di resistere a ciò che sta accadendo, prova ad accettarlo e, una volta fatto, godi della libertà di spazio e di movimento che hai acquisito. Sfruttala per fare qualcosa che ti aiuti a risolvere il problema o a migliorare la situazione che stai vivendo.
2. Pratica la compassione
La compassione è un principio centrale negli insegnamenti del Buddha, che implica una genuina comprensione del dolore degli altri e un sincero desiderio di alleviare la loro sofferenza.
La moderna NeuroScienza ha definito che quando agiamo con compassione, il nostro cervello produce gli ormoni del benessere come l’ossitocina e rilascia endorfine, che ci regalano un’immediata sensazione di benessere.
Come scrivo nel mio libro “Il Permesso di Essere Felice”, se maltrattiamo un animale, quello finisce per vivere nella paura, o diventa aggressivo. Questo è ciò che è successo alla nostra psiche. L’abbiamo maltrattata, spaventandola con mille pensieri negativi, dandole una responsabilità impossibile come quella di non sbagliare mai, piacere a tutti, non soffrire mai. E così, come un animale spaventato, abbiamo iniziato a lottare con noi stessi e con le nostre emozioni.
Se invece possiamo avere compassione verso questi sentimenti e prestare attenzione a essi in modo diverso, abbiamo la possibilità di capire e comprendere. La nostra paura non è cattiva, è dolorosa. La nostra rabbia non è male; è semplicemente disfunzionale quando ne siamo sopraffatti o quando ci identifichiamo completamente in essa.
Ecco allora che possiamo sederci in tutta sicurezza con la nostra rabbia o con la nostra paura, perché in qualche modo la nostra consapevolezza è più forte di quell’emozione.
A volte, il permesso di essere felici non ha a che fare con lo stravolgere la nostra vita. Può essere semplice come permettere a noi stessi di ascoltarci.
Per esempio, quando ci diamo lo spazio per riconoscere che non siamo soddisfatti in una situazione attuale, ecco che si apre la possibilità di un cambiamento.
Dire semplicemente a te stesso: “Sono infelice in questo momento”, invece di combatterlo, può allentare un po’ la pressione e darti lo spazio per sviluppare un piano d’azione per cambiare questa situazione. Se nel momento in cui il treno parte e l’onda emotiva ci investe riusciamo per un attimo a rallentare i pensieri e a osservarci, noteremo che le emozioni, paura inclusa, na- scono, arrivano all’apice e poi, se smettiamo di alimentarle, si placano da sole. Ed ecco che il treno si ferma, o almeno rallenta. Ecco che iniziamo a creare delle nuove risposte alle situazioni, ecco che pian piano diamo la possibilità alle vecchie ferite di guarire.
Buddha, naturalmente, ne era consapevole migliaia di anni fa quando insegnò il potere della compassione.
Credeva che coltivando la compassione, non solo aiutiamo gli altri, ma coltiviamo anche la pace interiore dentro di noi.
3. L’importanza di lasciare andare
Uno degli insegnamenti più potenti del Buddha riguarda l’arte di lasciare andare.
Ha sottolineato che l’attaccamento alle persone, alle cose o ai risultati è una delle principali fonti di sofferenza.
Tutto si basa sul fatto che la vita è transitoria. Le persone cambiano, le cose si rompono e i risultati spesso sono fuori dal nostro controllo.
Quando ci aggrappiamo al modo in cui vogliamo che le cose siano, ci predisponiamo alla delusione e al dolore.
La pratica del lasciare andare non significa che non ci preoccupiamo delle persone o delle cose. Significa comprendere che aggrapparsi ad essi non ci serve.
Se ci aggrappiamo con i denti e le unghie a qualcosa, che si tratti di una relazione, di un rancore o di un’aspettativa, è tempo di valutare di lasciare andare la presa.
Lasciando andare, apriamo infatti lo spazio affinché la pace possa trovare la sua strada e apriamo la mente a pensieri più liberi e indipendenti, capaci di generare azioni che, a loro volta, ci portano alla libertà e all’indipendenza in ogni sfera della nostra vita.
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