Perché i blocchi emotivi meritano una visione più profonda

I blocchi emotivi vengono chiamati con una quantità di nomi pazzesca, ma tra nodi, limiti resistenze, barriere, credenze e chi più ne ha più ne metta, i concetti si sfumano tra di loro e il risultato è, molto spesso, una grande confusione.

Una cosa è certa: bisogna fare chiarezza.

Blocchi emotivi

Cosa sono i blocchi emotivi?

Se guardiamo alla parola stessa, i blocchi sono un’entità che ferma qualcosa, mentre la sfera emotiva è quella delle emozioni che proviamo in ogni istante della nostra vita.

Questi blocchi possono generare delle emozioni ‘bloccanti’ che ci impediscono di camminare verso una vita autenticamente realizzata? Se non andiamo in profondità la risposta è sì.

Prendiamo, ad esempio, la paura del fallimento, che si manifesta con l’evitare di provare nuove esperienze. Che si tratti di vita personale o di lavoro poco cambia: non ci addentriamo nel ‘nuovo’ per paura che ci succeda qualcosa di brutto, se non di terribile. E questo ci impedisce di fare nuove esperienze, di lasciarci andare, di vivere pienamente.

Può trattarsi di presentare un progetto di lavoro, di iniziare una nuova attività o una nuova storia romantica.

Se in noi ospitiamo la convinzione che tutto finirà male (paura del fallimento), va da sé che tutto si fermerà sul nascere e il risultato sarà una realtà stagnante, una routine sempre uguale, giornate identiche che si succedono senza provare soddisfazione o piacere per quello che facciamo.

Il punto è…

Blocchi emotivi

Quanta inutile sofferenza infliggiamo a noi stessi

Fin dai tempi della mia infanzia in Africa sono affascinata dalla natura e dagli esseri viventi che la popolano. Vedere persone nelle capanne nel bush o attraversare il deserto nelle carovane, vedere animali uccisi dalla sete e dai bracconieri, bambini soffrire la fame o donne morire di parto in mezzo alla sporcizia ha generato in me una profonda spinta a fare qualcosa per alleviare la sofferenza, a tutti i livelli: umana e animale, fisica e psicologica.

Questa spinta mi ha accompagnato per tutta la vita. È anche ciò che mi ha indotto a viaggiare per il mondo studiando le diverse civiltà e le diverse culture. In ogni Paese ho imparato qualcosa di nuovo su ciò che rende gli esseri umani felici e realizzati; nella mia vita, nei miei corsi e nei miei libri tento di applicare questi insegnamenti.

Allo stesso modo, i viaggi e le ricerche mi hanno svelato il rovescio della medaglia, ovvero come noi umani creiamo sofferenza.

In tutti i miei viaggi e studi ho tentato di capire in che modo le persone si feriscono emozionalmente, a volte l’un l’altra ma molto più spesso da sole, in che modo sminuiscono le proprie potenzialità, i propri talenti, come aumentano l’ansia e creano
frustrazione, come oscurano la propria luce.

In che modo rendono le cose peggiori di come sono.

E mi pare che i meccanismi siano gli stessi in tutto il mondo.

Così ho deciso che bisognava fare qualcosa.

Bisognava parlare di tutto questo, perché le persone dovevano sia sapere, che avere a disposizione gli strumenti per uscirne.

Questo è ciò che faccio da oltre trent’anni ed è molto più di un lavoro, è una missione radicata profondamente nel mio cuore, dove l’intento è diminuire, e possibilmente eliminare, la sofferenza, almeno quella che infliggiamo a noi stessi e agli altri.

Non solo quella fisica, che è la più ovvia, la più facile da riconoscere, la più evidente ma anche, e soprattutto, quella psicologica ed emotiva.

So che sembra un intento molto ambizioso, e forse lo è. Ma mentre le sfide e le difficoltà sono inevitabili e fanno parte della vita stessa, una buona porzione di sofferenza è completamente autoindotta.

E la si può evitare.

Come scrivo nel mio libro Libera la tua vita, i vecchi schemi, i vecchi problemi si ripresentano fino a che non avremo attraversato e risolto tutte le sfaccettature della situazione.

Man mano che aumenta la nostra consapevolezza, però, affrontiamo i problemi a un livello superiore.

Ecco perché per crescere, evolversi, migliorarsi e lasciare andare vecchi fardelli e modi di pensare errati è bene ripassare questi concetti, così che diventino delle fondamenta solide della nostra vita.

Inoltre, in questo modo si mette in moto il processo del disimparare: per aprirci al nuovo infatti occorre disimparare vecchie credenze, vecchi significati, vecchie identità e comprensioni.

Il fatto è che spesso questi modi di pensare e agire disfunzionali sono così familiari che è persino difficile riconoscerli.

Spesso siamo talmente dentro una cornice di pensiero che non riusciamo più a vederla, un po’ come un pesce che non si rende conto di essere nell’acqua.

Con i blocchi emotivi può succedere lo stesso, non riusciamo a vederli, a comprenderli, a identificarli.

Blocchi emotivi

Una questione di emozioni

Come scrivo nel mio libro Il permesso di essere felice, come osserva il maestro zen Genpo Merzel, ognuno di noi vive con un coinquilino. Se vuoi incontrarlo, prova a sederti per un po’ di tempo in completa solitudine e in silenzio.

Molto probabilmente, invece di trovare il silenzio, ascolterai chiacchiere incessanti: “Perché lo sto facendo?

Ho cose più importanti da fare. È una perdita di tempo. Non sta succedendo nulla. Quanto tempo devo stare ancora così?”

Proprio al momento giusto, ecco che arriva il tuo coinquilino. Forse hai l’intenzione di stare tranquillo, ma il tuo compagno di stanza non vuole collaborare.

E non è solo quando cerchi di fare silenzio. Ha qualcosa da dire su tutto quello che guardi, che dici, sulle scelte che fai: non fa altro che parlare e parlare, e giudicare.

Mi piace. Non piace. Questo è un bene. Questo è male.

Di solito non te ne accorgi perché non tace un attimo e così ti ci sei abituato, ma se avessi un amico o un membro del tuo team che ti tratta così, l’avresti già allontanato. E di sicuro avresti smesso da tempo di seguire i suoi consigli.

Purtroppo il nostro coinquilino non solo si può allontanare, ma ci sentiamo obbligati a chiedergli consiglio in ogni istante.

E poi seguiamo così tanto i suoi consigli che finiamo per lasciargli la guida delle nostre scelte e delle nostre interazioni.

Ecco: la scienza ci dice che anche solo nominare le emozioni che stiamo provando ci fa accedere a una nuova parte del cervello, dove smettiamo di essere ostaggio della amigdala e delle menzogne del nostro coinquilino e dove possiamo fare un controllo di qualità molto più facilmente.

Spesso, però, anche quando tentiamo di nominare un’emozione, quelle che vengono alla mente sono le solite sette o otto: rabbia, tristezza, paura, gioia, entusiasmo, frustrazione, impazienza, vergogna.

Ma ampliare il nostro vocabolario emozionale ci porta automaticamente a definire meglio come ci sentiamo; e questo a sua volta ci aiuta a gestire le emozioni più facilmente e ad ampliare il nostro campo di osservazione per trovare interpretazioni alternative, al punto che le ricerche dimostrano che le persone dotate di un migliore vocabolario emozionale si ammalano di meno, vanno meno dal dottore e usano meno medicine. Insomma, identificare un’emozione è già di per sé un atto di regolazione emotiva.

Blocchi emotivi

La granularità emozionale

La scienza chiama questa capacità “granularità emozionale”.

Per allenarti a praticarla, in fondo a questo articolo trovi una lista delle principali emozioni e anche il modo per metterle a fuoco, che è il secondo passaggio per iniziare a superare i blocchi emotivi.

Ovviamente ogni emozione ha una durata variabile e diversa anche a seconda dell’intensità, ma la neuroscienziata di Harvard Jill Bolte Taylor ha scoperto che il processo chimico che avviene nel corpo in media dura solo 90 secondi; dopo di che, ogni stato d’animo rimanente è solo dato dalla nostra scelta, spesso inconscia, di rimanere in quel loop emotivo.

Come cambiano le cose se teniamo conto che per far uscire completamente dal nostro corpo le sostanze chimiche di cui sono composte le emozioni, anche quelle negative, bastano meno di 90 secondi?

E se decidessimo che è ora di guarire le ferite emozionali e lasciare andare lo scafandro?

E non sto parlando di pretendere di essere entusiasti 24 ore su 24 perché non sarebbe umano; purtroppo, infatti, nella nostra società siamo ingannati dall’idea che per essere felici dobbiamo apparire sempre felici e sorridenti, anche nei momenti difficili della nostra vita.

Ma non funziona così. Anzi.
Più blocchiamo le emozioni cosiddette negative come rabbia, frustrazione, paura, tristezza, meno accesso avremo a quelle cosiddette positive.

Lasciare andare lo scafandro significa riappropriarci di tutta la scala emozionale e decidere di darci il permesso di essere felici, indipendentemente da tutto.

Blocchi emotivi

E se le emozioni negative e positive NON esistessero?

In realtà non esistono emozioni negative o positive, ma solo modi più o meno funzionali di gestirle, infatti l’energia emotiva è essenzialmente neutrale e provare emozioni è normale ed è parte dell’esperienza umana.

Etichettare un’emozione negativa o positiva è un altro modo per dire ciò che è “buono” o “cattivo”.

Di fatto, ancora una volta, sono tutte nostre interpretazioni.

Ciò che noi etichettiamo come emozioni positive sono tipicamente quelle che portano espansione all’interno del nostro corpo. Pensa a cosa succede quando senti un’emozione che etichetti come felicità, eccitazione, calma o pace.

Potresti sentire i muscoli rilassarsi e il respiro diventa più lento e profondo, il petto che si apre, e la bocca si allarga in un sorriso. Questo lo chiamiamo sentirsi bene!

È, letteralmente, la gioia che proviamo quando cresciamo e ci espandiamo.

Le emozioni negative, viceversa, le sperimentiamo nel corpo come contrazione e tendono a prosciugarci perché la nostra energia viene spesa per proteggerci. Infatti, sono spesso correlate alla paura e ai suoi sottoprodotti come vergogna e senso di colpa e, sono legate alla nostra naturale risposta di lotta o di fuga.

Quando la nostra psiche percepisce una minaccia diventiamo ostaggio della paura che ci urla di stare all’erta. Ecco allora che ci contraiamo e ci prepariamo alla battaglia, sia che scegliamo di attaccare, di fuggire o di difenderci.

Tutte le emozioni sono segnali e sono lì per essere ascoltate. Per esempio, così come la paura ci stimola a stare all’erta, la rabbia fa fluire il sangue alle mani e ci prepara ad agire; non per forza a fare a botte, magari solamente a mettere dei confini tra noi e il mondo nel momento in cui ci serve avere più spazio personale o i nostri valori vengono calpestati.

La tristezza è spesso l’altra faccia della rabbia, quella che non viene espressa e tende ad avere origine dalla nostra paura della perdita.

Ci accompagna verso un periodo di ritiro, ci indica la necessità di nutrire noi stessi e rappresenta in qualche modo una richiesta di aiuto per superare una situazione difficile. Spesso l’avvertiamo nel corpo come un senso di pesantezza o di tensione nel petto.

Ogni emozione ha un senso, uno scopo; sta a noi trovarlo.

E quando finalmente le emozioni non avranno più bisogno di urlare così forte per essere ascoltate, inizieremo a sperimentare più stati d’animo positivi e più serenità.

Se maltratti un animale, quello finisce per vivere nella paura, o diventa aggressivo.

Questo è ciò che è successo alla nostra psiche. L’abbiamo maltrattata, spaventandola con mille pensieri negativi, dandole una responsabilità impossibile come quella di non sbagliare mai, piacere a tutti, non soffrire mai.

E così, come un animale spaventato, abbiamo iniziato a lottare con noi stessi e con le nostre emozioni.

Se invece possiamo avere compassione verso questi sentimenti e prestare attenzione a essi in modo diverso, abbiamo la possibilità di capire e comprendere.

La nostra paura non è cattiva, è dolorosa. La nostra rabbia non è male; è semplicemente disfunzionale quando ne siamo sopraffatti o quando ci identifichiamo completamente in essa.

Ecco allora che possiamo sederci in tutta sicurezza con la nostra rabbia o con la nostra paura, perché in qualche modo la nostra consapevolezza è più forte di quell’emozione.

A volte, è bene che permettiamo a noi stessi di ascoltarci.

Per esempio, quando ci diamo lo spazio per riconoscere che non siamo soddisfatti in una situazione attuale, ecco che si apre la possibilità di un cambiamento.

Dire semplicemente a te stessa: “Sono infelice in questo momento”, invece di combatterlo, può allentare un po’ la pressione e darti lo spazio per sviluppare un piano d’azione per cambiare questa situazione.

La mente è come un treno

Nel momento in cui metti un pensiero a bordo, ovvero lasci che salga il tuo coinquilino, il treno parte e comincia a prendere velocità. Un pensiero spaventoso porta a un altro e, prima che te ne accorga, sei sotto la linea, in una spirale negativa. Improvvisamente fai supposizioni, crei aspettative, pianifichi i problemi e alla fine ti racconti la storia del peggiore degli scenari, convinto che sia la verità.

Poi inizi a soffrire come se quella fosse la verità. Allora cominci a parlarne con altre persone, e la tua sofferenza è reale, e così dai a quei pensieri sempre più energia. Ecco che stai creando sofferenza inutile, che non ha più a che fare con l’evento o il “problema” esterno, ma piuttosto è generata e alimentata dal tuo modo di
pensare.

Più velocemente fermiamo il treno, prima fermiamo la sofferenza.

Ma se nel momento in cui il treno parte e l’onda emotiva ci investe riusciamo per un attimo a rallentare i pensieri e a osservarci, noteremo che le emozioni, paura inclusa, nascono, arrivano all’apice e poi, se smettiamo di alimentarle, si placano da sole.

Ed ecco che il treno si ferma, o almeno rallenta.

Ecco che iniziamo a creare delle nuove risposte alle situazioni, ecco che pian piano diamo la possibilità alle vecchie ferite di guarire.

Ecco allora una pratica tratta dal mio libro Il permesso di essere felice che è utile per iniziare sciogliere i blocchi emotivi, ed è l’invito ad allenare la presenza nelle emozioni

Osserva la tua vita e nota il flusso costante di persone e situazioni che ti scatenano emozioni cosiddette “difficili” (ansia, rabbia, paura, frustrazione, impazienza ecc.) ogni giorno.

Quanto spesso ti ritrovi a cercare di proteggere e difendere la parte di te che sta provando quelle emozioni?

Fermati e osserva quando accade.

Blocchi emotivi

Esercizio: scopri le tue emozioni e sentimenti.

Ecco la lista delle cinquanta principali emozioni e sentimenti. Puoi usare questa lista come esercizio a sé per dare un nome alle tue emozioni e/o puoi abbinarla all’eserci-
zio. Ovviamente questa lista non è esaustiva, esistono anche altre emozioni,
per cui sentiti libera di aggiungerne altre.

Le cinquanta principali emozioni e sentimenti

Rabbia
Incertezza
Frustrazione
Fastidio
Paura
Ansia
Angoscia
Terrore
Curiosità
Coraggio
Disagio
Disgusto
Entusiasmo
Estasi
Euforia
Appagamento
Gelosia
Imbarazzo
Vergogna
Indignazione
Gratitudine
Ispirazione
Meraviglia
Malinconia
Noia
Nostalgia
Odio
Orrore
Ottimismo
Panico
Senso di colpa
Rimorso
Rimpianto
Risentimento
Serenità
Sorpresa
Tristezza
Piacere
Accettazione
Attesa
Fiducia
Apatia
Invidia
Ammirazione
Adorazione
Apprezzamento estetico
Divertimento
Soggezione
Simpatia
Gioia

Il passo successivo è scrivere queste emozioni e per questo puoi affidarti a un diario.

I ricercatori della Harvard University Business School hanno scoperto che scrivere sul diario dei piccoli fatti insignificanti della tua vita, anche quelli che sembrano noiosi, può avere un impatto potente in seguito.

Dopo aver chiesto ai partecipanti, che erano studenti universitari, di scrivere di una serie di esperienze attuali (tra cui cose come la loro attività sociale, la musica che avevano ascoltato…), i ricercatori hanno chiesto loro di valutare il livello di interesse per le cose di cui avevano scritto.

Su una scala da uno a sette, il livello medio di interesse era tre. Ma tre mesi dopo agli studenti sono state mostrate le loro “capsule del tempo” e chiesto di valutare nuovamente il livello di interesse, che era salito a 4,34..

Questo dimostra che anche momenti poco significativi del nostro passato possono acquisire un significato nel futuro.
Se a questo aggiungi le emozioni che stai provando, il lavoro di journaling diventa più profondo e completo.

Per rendere questa pratica più piacevole ho realizzato “Il Mio Diario di Rinascita” insieme all’artista e coach creativa Francesca Ciaudano.

Questo diario combina il potere terapeutico della scrittura con quello dell’arte, per accompagnarti nel tuo viaggio di consapevolezza.

Il tutto si basa sul nostro metodo Sacred Healing Journal, ovvero il Journaling, che è la pratica di tenere un diario, che si arricchisce con l’Arteterapia e con l’auto coaching, per attivare una guarigione sacra che, naturalmente, può comprendere la scrittura delle emozioni che stai provando nei diversi momenti della giornata.

Nel momento in cui riesci ad annotare le emozioni che stai provando e riesci a farlo senza giudizio, questo è un grande passo per sciogliere i blocchi emotivi che hanno cambiato forma: da entità che ti tengono in ostaggio a emozioni naturali, che è lecito, normale e consigliato provare e accettare.

Qui trovi Il mio diario di rinascita.

libro il mio diario di rinascita - Lucia Giovannini

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